Der Müde Tod - Destino

28 giugno 2016

Anno: 1921

Regia: Fritz Lang

Cast: Lil Dagover (la giovane donna, Zobeide, Monna Fiammetta, Tiao Tsien), Walter Janssen (lo sposo, Frank, Giovanfrancesco, Liang), Bernhard Goetzke (la Morte, El Mot, l’arciere)

 

Recensito il 28 giugno 2016 da Sara Tomasin

 

L'introduzione alla visione, affidata a Ernst Szebedits (direttore del Murnau Stiftung), ci ricorda fin da subito come Der Müde Tod (conosciuto in Italia con il titolo di Destino, ma che letteralmente - e indicativamente - sarebbe stato La Morte Stanca) sia una pellicola ispirata alle storie popolari ed ai racconti orali e fiabeschi. Entrambi i titoli, aggiunti a questa informazione, ci trasportano significativamente all'interno di un film di assoluta modernità, dove il linguaggio volutamente semplice delle didascalie e dell'intreccio degli episodi che lo compongono non risulta anche in una percezione "naif" del film da parte del pubblico.

Con Der Müde Tod, Lang inventa delle nuove regole grammaticali per il mezzo cinematografico, intrappolandoci in un ciclo inesauribile e dal quale non si può sfuggire, che è esattamente la prospettiva di destino che il titolo suggerisce. Non si può sfuggire alla morte che ci attende, per quanto sia ingiusta o per quanto Lei stessa sia stanca di fare il suo "mestiere" di mietitrice. A distanza di quasi cent'anni dalla sua realizzazione, la costruzione della pellicola, strutturata in episodi (detti versi) che ripropongono il viaggio umano verso l'ineluttabile morte, non perde nulla del suo antico carisma e ritmo, facendo sottostare lo spettatore ai propri giochi di ripetizioni, simmetrie e parallelismi con la stessa forza del 1921.

Non possiamo che rimanere incollati alle vicende di Der Müde Tod; all'indescrivibile volto di marmo di Bernhard Goetzke, che interpreta la Morte in tutte le sue incarnazioni, attraverso il tempo e lo spazio; all'abilità di Lang di intrecciare incubi fatali - validi non solo per Weimar, ma, come dimostra la straordinaria sequenza d'apertura che Quentin Tarantino ha recentemente mutuato per il suo Hateful Eight, anche per la nostra contemporaneità.

Un'ultima menzione va al restauro di questa inestimabile pellicola, che per la prima volta presenta la ricostruzione dei colori dei fotogrammi, realizzata in base alla prassi di colore adottata dalle pellicole del periodo. Tale scelta, per quanto frutto della supposizione - e che quindi prevede un margine di errore - non può che aumentare la meraviglia dello spettatore e l'illusione di trovarsi a vivere un'esperienza di visione cinematografica il più possibile vicina a quella del periodo di uscita. Se, infatti, è falso ritenere che il cinema sia stato mai veramente muto (essendo sempre stato accompagnato dall'esecuzione di colonne sonore dal vivo o su grammofono), lo è altrettanto pensare al bianco e nero come realtà unica e stringente. I fotogrammi, infatti, spesso venivano tinti, per conferire l'impressione di trovarci di fronte ad una scena diurna (virata sul giallo), notturna (solitamente bluastra), oppure anche, come nel nostro caso, ad esempio davanti ad un incendio (splendidamente rosse le fiammate presenti nel film).

Sfuggire a Der Müde Tod è impossibile, una volta che gli si sono posati gli occhi addosso. L'invito, quindi, è semplicemente quello di piegarvi al vostro (e al suo) destino.

Photo credits: dienachtderlebendentexte