Genere: Documentario
Anno: 2015
Regia: Tom Fassaert
Distribuzione: Olanda
Recensito il 17 giugno da Alice Michelini.
Al Biografilm Festival – International Celebraion of Lives, è stato proiettato ieri 16 Giugno 2016, il documentario Family Affair, che tesse le trame della storia della famiglia Fassaert e, in particolare, delle incredibili avventure dell’eccentrica nonna Marianne. Il regista Tom Fassaert, presente in sala, ha accolto con calore la platea, e ha preso parte alla discussione che è seguita dopo la proiezione.
Il documentario si svolge su un piano tri-dimensionale (in Sud-Africa, in Olanda e nel surreale scenario di una crociera MSC) e tri-generazionale (quello dell’imprevedibile Marianne, dei figli di lei e del nipote-regista Tom). Ma cosa spinge il nipote Tom a girare un documentario su una nonna semi-sconosciuta che vive dall’altra parte del mondo e la cui fama di madre degenere la precede? Nel giorno del suo trentesimo compleanno, Tom riceve una telefonata dalla lontana Marianne, che ormai novantacinquenne, gli chiede di renderla immortale attraverso un documentario che narri la sua vita. Tom, che conosce solo le critiche e i rancori che in famiglia hanno sempre avvolto la misteriosa figura della nonna, accetta l’incarico per avere un racconto di prima mano: parte per il Sud Africa, per poi viaggiare con lei su una crociera e incontrare dopo anni la famiglia abbandonata in Olanda.
Il ritratto storico che emerge della figura di Marianne è controverso. Negli anni ’50, una Marianne appena ventenne, lascia i figli appena nati in un orfanotrofio per rincorrere una carriera da modella. Dopo anni di sfilate in giro per il mondo, torna come se niente fosse, ma sempre concentrata narcisisticamente su sé stessa, preoccupata solo della sua reputazione di femme fatale. Settant’anni più tardi, Marianne si presenta al nipote come un’arzilla e stravagante vecchietta, tutta rosa shocking, yoga, vestitini frou-frou, accessori alla moda e una parola vagamente acida per tutti. Metà delle riprese vertono su una Marianne impegnata a rimirarsi allo specchio, concentratissima sulle sbavature di rossetto, puntigliosissima su bigodini, lacca e piega dei capelli.
Come se si sentisse ancora ventenne, l’anziana Marianne vive in una bolla di vanità e apparenze, di autoreferenza, di aspirazione all’immortalità: ripudia la parola “nonna”, flirta ossessivamente e morbosamente col nipote, aspira a far conoscere il suo vero io, quello infangato da tutte le chiacchiere e le malignità del passato. E il banco di prova per rinascere, per mostrare la sua bellezza interiore oltre che esteriore, arriva con una reunion familiare in Olanda, dove una spumeggiante Marianne saluta e abbraccia tutti da vera diva magnetica e carismatica quale è sempre stata. Ma alla fine della gita la vera Marianne riconferma le opinioni di famiglia: ossia, l’essere una vera manipolatrice, dotata del (terrificante) dono di trattare le persone prima come fossero re, poi come alfieri, poi come umili e indegni pedoni. Una vera regina di cuori: paga del suo status e senza nessuna pietà, senza nessun rimorso, nemmeno per quei figli abbandonati in tenera età.
Emerge infine da questo quadro, che forse, le cose che devono essere dette, è meglio se rimangano silenti. L’immortalità ha sempre un prezzo, anche quello di consegnare ai posteri un’immagine crudele e terribile, ma che tuttavia, fa dolorosamente riflettere su come noi stessi ci percepiamo e siamo percepiti.